Che le aziende italiane debbano vendere all’estero è ormai un dato di fatto. E il settore della meccanica non fa differenze.
Direi di più, vendere all’estero è diventato quasi un mantra, addirittura una moda.Imprenditori del metalmeccanico: ecco dove vendere all’estero
La parola export è abusata e viene utilizzata anche da chi poi non è in grado di dare una spiegazione concreta al motivo per cui si dovrebbe vendere all’estero.
Come conseguenza proliferano le figure professionali o le aziende che offrono qualsiasi tipo di servizi per le aziende che vogliono vendere all’estero.
E moltissimi, purtroppo, si improvvisano esperti.
Gente senza esperienza che si propone come il messia che risolve tutti i problemi di vendita della tua azienda.
Basta che siano in grado di parlare un po’ di inglese ed ecco subito nasce l’esperto Export Manager.
La cultura di esportare di per sé non ha assolutamente niente di male.
Anzi! Sono d’accordo anch’io che le aziende italiane dovrebbero attrezzarsi e operare per vendere all’estero i loro prodotti.
Il problema è quando il fenomeno diventa senza controllo e la strategia e le attività necessarie all’esportazione, vengono fatte in maniera dilettantesca.
Se mi immedesimo al posto di un imprenditore del settore della meccanica dove opero io, riesco a capire il suo disorientamento a dover scegliere tra le mille soluzioni che gli vengono offerte.
Questo non è solo sbagliato, ma è assolutamente pericoloso.
I rischi di affrontare un mercato nel modo sbagliato, possono essere molto alti e costarti molto denaro.
Il primo pensiero che hai può essere: “ok io ci provo in questa maniera, la peggior cosa che può capitare è che non riesco a vendere”.
Purtroppo però le conseguenze non si limitano a questo.
Ecco un esempio senza fare i nomi, che descrive cosa può succedere a non muoversi nella maniera corretta.
L’azienda “Rossi” (nome di fantasia per ragioni di privacy) produce accessori per adornare e abbellire la pietra che viene normalmente venduta ai marmisti i quali poi li rivenderanno ai loro clienti come parte integrante del prodotto finito.
L’azienda decide di provare a vendere i suoi prodotti molto belli e di qualità, in Germania.
Per fare questo pensa che sia sufficiente appoggiarsi a una ragazza che parla un po’ di tedesco. Costa poco e alla peggio non avranno risultati, ma intanto ha speso poco.
Da quanto è emerso da una analisi successiva al lavoro fatto, l’unico canale di vendita efficace era la vendita a uno dei due grossi rivenditori per marmisti i quali avevano, messi insieme, il controllo del 90% del mercato tedesco.
L’approccio approssimativo del presunto “esperto di export” ha purtroppo pregiudicato ogni possibilità di un ulteriore rapporto con entrambi i due rivenditori tedeschi che non vogliono più avere rapporti con l’azienda Rossi.
Conseguenze:
- L’azienda Rossi non ha venduto niente in Germania dopo l’attività che ha fatto
- L’azienda Rossi non venderà niente a questi due rivenditori e quindi in Germania per almeno i prossimi 6/7 anni
- Il concorrente principale italiano dell’azienda Rossi, ha approfittato della situazione e ha iniziato a vendere ai due distributori tedeschi
- Il concorrente con l’acquisizione del mercato tedesco ha una quantità di risorse finanziarie superiori a quelle dell’azienda Rossi e ha investito sulla produzione sul lavoro commerciale aumentando il divario tra lui e la Rossi.
Come vedi purtroppo il non aver venduto in Germania non è un risultato isolato limitato al momento, ma può comportare anche conseguenze molto serie per la tua azienda.
Una delle decisioni chiave nel processo di internazionalizzazione è la decisione di quale mercato aggredire.
Anche in questo caso, si assiste purtroppo a metodi operativi a dir poco approssimativi.
In questo caso, devo dire che anche gli imprenditori ci mettono del loro. Per esempio quando “spingono” per esportare in un paese, perché hanno “sentito dire“ che lì si vende tanto.
L’informazione potrebbe anche essere vera, ma va valutata e verificata.
Non si può scegliere dove vendere all’estero solo perché hai sentito dire!
Ma la colpa non è dell’imprenditore (non tutta almeno), ma dell’esperto di export che deve consigliare all’azienda il corretto modo di vendere all’estero.
E’ necessario quindi fare una prima valutazione generale per settore del prodotto e filtrare i primi mercati ricettivi per quella categoria di prodotto.
Dopodiché si procede ad un’analisi e ricerca più puntuale in cui entrano in gioco anche le proprie esperienze sui diversi mercati mixate con le esigenze dell’azienda.
In certi casi anche l’export manager deve saper fare un passo indietro se non ha le competenze su un dato mercato e prodotto.
Invece purtroppo si assiste agli esperti di tutto che creano però dei danni enormi alle aziende che si rivolgono a loro.
Se vuoi approfondire puoi anche leggere il mio articolo su come vendere all’estero:
https://www.vendereingermania.it/2018/03/02/vendere-allestero-un-metodo-professionale/
Ultimamente mi capita non di rado che mi dicano “inutile andare a vendere in Germania perché quest’anno c’è la crisi”.
Ma quale crisi!
Al massimo ci sarà un leggero rallentamento dell’economia.
Per prima cosa, parlando di piccole medie imprese, la quota di mercato che ti deve interessare è così ridotta rispetto al totale che una frenata dell’economia tedesca non può essere rilevante per le esigenze della tua azienda.
Ecco perché non ci sono ragioni per le quali non dovresti esportare sul mercato tedesco.
Inoltre tieni presente che spesso i dati di crescita sono espressi in percentuale sulla produzione dell’anno prima.
In questo articolo del Sole 24 ore si parla di quali mercati hanno avuto la crescita maggiore per l’export italiano nel 2018 rispetto al 2017.
“Verso Kiribati l’export italiano nel 2018 ha compiuto un balzo del 3.558%,
I Paesi che nel 2018 fanno segnare i maggiori incrementi percentuali sono quasi tutti mercati estemporanei, con grandi fluttuazioni da un anno all’altro e performance quasi sempre legate a singole commesse. Il loro peso specifico è irrisorio rispetto ai quasi 444 miliardi di esportazioni manifatturiere del 2018 “
Quello che l’articolo evidenzia è che è vero che Kiribati (isolette sperdute nell’Oceano Pacifico) ha avuto una crescita percentuale clamorosa, ma il totale delle esportazioni italiane è un insignificante €128.000.
Mentre per esempio verso la Germania le nostre esportazioni sono cresciute “solo” del 4,3% ma che equivalgono a 55.504 milioni di Euro!
“I primi dieci paesi di destinazione del made in Italy, da soli, rappresentano quasi il 60% delle esportazioni totali della manifattura tricolore (il 58,8%), con un valore cumulato di oltre 261 miliardi di euro. Sui primi tre gradini del podio si trovano gli storici partner dell’Italia: Germania (oltre 55 miliardi il nostro export, +4,3% rispetto al 2017; 11 miliardi in più rispetto al 2008 pre-crisi), Francia (quasi 47 miliardi, +4,8%) e Stati Uniti (42 miliardi, +4,9%).”
Fonte Sole24ore: Made in Italy: da Kiribati alla Germania, tutte le rotte dell’export da record
Quindi bisogna essere molto cauti, quando si deve decidere su quale mercato esportare, a valutare i dati di andamento dell’economia locale.
La Germania almeno dal dopoguerra ad oggi rimane il principale partner commerciale italiano, anche nei momenti di maggior crisi dell’economia mondiale.
Soprattutto nel settore metalmeccanico.
Inoltre ha l’enorme vantaggio di una stabilità invidiabile che non espone gli esportatori a oscillazioni troppo eccessive e destabilizzanti.
Cosa che invece accade su altri mercati.
Prendiamo per esempio i Paesi del cosiddetto Brics.
Leggiamo ancora cosa dice il Sole24ore:
“Che fine hanno fatto i cari, vecchi Brics? I Paesi rappresentati dall’acronimo che sta per Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, coniato negli anni scorsi per indicare il gruppo di economie e di mercati a forte sviluppo, mostrano due volti, non troppo incoraggianti: da un lato Brasile, India e Sud Africa hanno chiuso il 2018 con crescite anche consistenti, che vanno dal +2,4% del Brasile al +8,7% del Sud Africa, fino al +11,5% dell’India; dall’altro Cina con -2% e Russia con -4% lasciano l’amaro in bocca alle imprese italiane. Soprattutto perché questi ultimi due mercati assorbono merci per un valore più che doppio rispetto agli altri tre: “
Fonte Sole24ore: Made in Italy: da Kiribati alla Germania, tutte le rotte dell’export da record
Nei criteri di scelta su dove vendere all’estero, deve rientrare assolutamente anche un indicatore della stabilità dell’economia di un paese.
Crescite troppo veloci e vertiginose sono spesso indicatori di un’economia non stabile e probabilmente dopata da fattori che una volta venuti meno riportano bruscamente il paese allo stato iniziale se non peggio.
Tutti questi motivi, a cui aggiungerei la vicinanza geografica all’Italia che non guasta mai e i tempi brevi dei pagamenti, confermano la Germania come uno dei migliori mercati dove aspirare a vendere i tuoi prodotti.
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- Il caso studio “I fiori di cristallo”
- “I 5 miti da sfatare sulla vendita in Germania”
- Un report sullo stato del mercato in Italia.
- Il Report “La meccanica in Germania”
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A presto
Francesco
www.vendereingermania.it